Una persona fisicamente attiva ha maggiori probabilità di riacquisire le proprie autonomie in seguito ad un ictus: questo il risultato di uno studio statunitense che ha analizzato 18.117 persone over 50 nei 12 anni successivi ad un ictus. Obiettivo dello studio era scoprire se l’indice di attività fisica e di massa corporea (BMI) possano prevedere la disabilità futura.
Dallo studio emerge che l’inattività fisica è associata in modo molto lieve al rischio di soffrire di un Ictus. Tuttavia va a condizionare in maniera pesante le capacità di recupero del paziente, influenzandone in maniera decisiva la qualità della vita. I pazienti che, prima dell’Ictus, avevano uno stile di vita fisicamente attivo hanno maggiori probabilità di tornare ad essere indipendenti a 3 anni di distanza dall’Ictus.
“L’attività fisica riduce il rischio di dipendenza da altri sia per le attività basilari della vita quotidiana (per esempio, vestirsi e camminare in una stanza), sia per quelle più complesse (ad esempio la gestione del denaro o fare la spesa), più impegnative dal punto di vista cognitivo“, dice l’autrice principale dell’articolo, Pamela M. Rist, del Brigham and Women’s Hospital and Harvard T.H. Chan School of Public Health du Boston.“Queste attività della vita quotidiana possono rappresentare parametri importanti per determinare la qualità della vita dei pazienti con ictus, quindi è importante trovare i fattori che riducono il rischio di dipendenza da terzi per queste attività”.
Quali sono invece le abitudini da adottare per evitare un ictus? Alcune indicazioni ci vengono offerte dall’Associazione Italiana per la Lotta all’Ictus Cerebrale, che proprio ad aprile, in occasione del mese della prevenzione dell’ictus, organizza numerose iniziative di sensibilizzazione.
Al di là dei fattori genetici e di quelli legati alle caratteristiche personali, è importante fare attenzione ad alcuni patologie e abitudini scorrette, che devono essere tenute sotto stretto controllo: l’ipertensione arteriosa, l’obesità, il diabete, il fumo, l’abuso di alcol ed alcune anomalie cardiache e vascolari. Sono più a rischio anche le donne che assumono la pillola estroprogestinica e soffrono di emicrania e/o sono fumatrici.
Fondamentale in questo senso è il ruolo dei medici di base, che hanno il compito di individuare i fattori di rischio e monitorare l’adeguata somministrazione delle terapie.
Ictus 3R (da Riconoscere, Reagire, Ridurre) è l’App proposta da A.L.I.Ce. Italia Onlus e realizzata da ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze, psicologia, area del farmaco e salute del bambino dell’Università di Firenze e dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr). L’App, scaricabile gratuitamente, consente di misurare direttamente il proprio rischio di ictus, fornisce importanti indicazioni per riconoscere i sintomi su se stessi o su chi ci è vicino e reagire tempestivamente. Uno strumento utile, dedicato a tutti: a giovani e meno giovani, alle persone che vogliono difendersi dall’ictus, a chi ne è stato colpito e ai familiari.
Fonti: Quotidiano Sanità e Associazione Italiana per la Lotta all’Ictus Cerebrale